24th Session of the Congress of Local and Regional Authorities of the Council of Europe (Strasbourg, 19-21 March 2013)

Round table on: “Regionalisation and devolution in Europe in a context of economic crisis”

Speech by Bruno Marziano, Member of the Regional Assembly of Sicily, Italy

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La commissione governance della camera dei poteri locali mi ha affidato qualche mese fa il compito di redigere un rapporto, che sto redigendo in collaborazione con il prof Palermo, sulle regioni a statuto speciale in Europa, rapporto che sarà trasmesso alla sessione plenaria del nostro Congresso.

Benché il lavoro non sia ancora ultimato, voglio partire dagli elementi fondamentali di questo lavoro, perché ritengo che essi possano contribuire ad alimentare, contestualizzandolo, il nostro dibattito odierno su "regionalizzazione e devoluzione in Europa in un contesto di crisi economica".

Il rapporto, basato su una analisi comparata delle regioni a statuto speciale esistenti oggi in Europa, dimostra che i principi della democrazia regionale sono più saldamente garantiti nelle regioni a statuto speciale, regioni introdotte in diversi stati europei appartenenti al consiglio d'Europa al fine di rispondere a particolari esigenze di certi territori dovuti alla loro posizione geografica, culturale o linguistica o, come nel caso della mia regione, la Sicilia, ad una particolare situazione storica.

La ragione fondamentale della autonomia speciale della regione Sicilia, trova, infatti, la propria origine nella particolare situazione storica che si era determinata nell’ isola nell’ immediato dopoguerra quando, la condizione di grave disagio economico e sociale in cui allora si trovava la popolazione siciliana favori la nascita di un forte movimento indipendentista. La concessione della autonomia speciale fu considerata dagli organi statali come l'unico argine possibile alla deriva separatista.

L autonomia e lo statuto speciale, la possibilita di legiferare in proprio, come antidoto al separatismo. Le regioni a statuto speciale, infatti, godono di più numerosi ed incisivi poteri legislativi, amministrativi e finanziari rispetto alle altre regioni.

Spesso le ragioni storiche e quelle geografico- culturali coesistono e contribuiscono fortemente al riconoscimento della autonomia politica e legislativa.

In molti campi, infatti, le regioni a statuto speciale hanno poteri legislativi esclusivi ed anche nei campi a legislazione concorrente possono modificare significativamente la legislazione nazionale.

In molti casi gli statuti speciali assurgono al rango di leggi costituzionali.

Nel caso della Sicilia, l approvazione dello statuto speciale, norma di rango costituzionale, ha preceduto  quella della costituzione nazionale ed ha attribuito al presidente della regione il rango di ministro ed il suo diritto di partecipare alle riunioni del consiglio dei ministri tutte le volte che sono in discussione materia che riguardano la regione.

Nelle regioni a statuto speciale i principi di democrazia regionale sono maggiormente tutelati rispetto alle regioni ordinarie. L’autonomia politica viene sempre esercitata attraverso elezioni dirette.

Le competenze variano da una regione all’ altra ma tutte sono di solito interessate alla cooperazione internazionale, interregionale e transfrontaliera anche se non si tratta di autonomia in politica estera ma di maggiore autonomia di carattere economico e sociale.

Le regioni a statuto speciale godono di maggiore autonomia finanziaria rispetto alle altre dello stato a cui appartengono. Ciò è necessario non soltanto perché tali regioni hanno più competenze e quindi più attività, ma anche perché un trattamento finanziario particolare é spesso una compensazione per una situazione territoriale o culturale particolare. Per fare un esempio concreto, alcune materie che nelle regioni a regime ordinario rimangono competenze dello stato(lavoro, formazione professionale, tutela dei beni culturali, ambiente e tutela del territorio ) nelle regioni a statuto speciale sono competenza della regione stessa che quindi ha a proprio carico anche  i dipendenti addetti a tali competenze.

Per evitare di incidere sul principio di eguaglianza tra i cittadini in genere tali particolari regimi finanziari hanno un ancoraggio costituzionale.

Infine, le regioni a statuto speciale richiedono un attento equilibrio tra differenti principi costituzionali , una capacità di adattamento costante e la giusta combinazione di rigidità e flessibilità.

Detto questo come scenario generale riguardante le regioni a statuto speciale, desidero ora condividere con voi alcune riflessioni più legate alla realtà della mia regione, alle limitazioni alla sua autonomia che sono derivate dalla appartenenza alla Unione Europea, alle modifiche di carattere costituzionale intervenute negli ultimi decenni e soprattutto all impatto che la crisi economica ha avuto e sta avendo sulle sue attività e di conseguenza sul funzionamento delle istituzioni locali, del sistema delle imprese e sulla vita dei cittadini.

Originariamente, infatti, lo statuto siciliano attribuiva alla regione competenza legislativa esclusiva in una serie di materie importanti: Agricoltura, Lavori pubblici, Pesca, Commercio, Industria. Materie sulle quali le successive normative europee hanno fortemente limitato la esclusività del potere legislativo  costringendola a legiferare all’ interno di quelle normative e pur potendo intervenire la regione sia nella fase ascendente che in quella discendente della legislazione europea, in tale quadro normativo deve inquadrare le proprie leggi.

Inoltre, la riforma del capitolo V della costituzione del 2001 ha accresciuto di molto i poteri delle regioni a statuto ordinario soprattutto nel campo delle materie a competenza concorrente tra stato e regione tanto che si è parlato di una riduzione relativa dell’ autonomia delle regioni a statuto speciale, di un definitivo riconoscimento del ruolo delle regioni nell’ impianto istituzionale dell’ Italia che, invece, era nata come stato unitario: Stato, province e comuni, senza regioni e con un ruolo sovraordinato dello Stato rispetto agli enti locali.

La riforma del capitolo V conclude il processo di regionalismo avviato nel 1970 con la nascita delle regioni a statuto ordinario.

Mi preme sottolineare però, assieme a questi aspetti di vetustà dello statuto siciliano, anche importanti elementi di modernità.

Esso infatti prevedeva già dalla sua nascita, nel 1946, l’abolizione della provincia come livello intermedio di governo di area vasta e la sua sostituzione con i "liberi consorzi di comuni", questione oggi molto dibattuta in Italia nell’ambito delle politiche di spending review, di riduzione dei costi della politica e di riforma della multilevel governance. Una semplificazione dell’ impianto istituzionale della regione, approvata appena ieri dal parlamento regionale, che nel prossimo futuro dovrà essere accompagnata da un processo di devoluzione di poteri dalla regione ai comuni e ai liberi consorzi dei comuni.

Ma, se la riduzione dei costi della politica, la spending review, la semplificazione dell’impianto istituzionale degli stati e delle regioni è assolutamente necessaria per mettere in ordine i conti dei vari paesi, altri strumenti di risanamento della finanza pubblica stanno determinando effetti e conseguenze perverse per l economia e per la vita dei cittadini.

Mi riferisco evidentemente alle rigidità del patto di stabilità interno ed in particolare alla applicazione dei suoi vincoli, non solo per le spese correnti di stati, regioni ed enti locali, ma ANCHE per gli investimenti; regola che determina in alcuni casi conseguenze drammatiche sull’economia reale prima fra tutte l impossibilità in molti casi di utilizzare i fondi europei per la cui spesa sono necessarie le quote di cofinanziamento, ma anche l impossibilità di pagare le imprese che hanno realizzato lavori per la pubblica amministrazione e che si vedono dilazionati i pagamenti in misura tale da costringere a fare ricorso al sistema creditizio ed all’ indebitamento.

È proprio la situazione del sistema creditizio è l altro elemento che enfatizza le conseguenze della crisi : molte piccole e medie imprese, molte aziende agricole, industriali e commerciali sono spesso costrette a rinunciare ai finanziamenti europei poiché non riescono ad accedere al credito per coprire la quota di cofinanziamento a loro carico prevista dai bandi per l utilizzo dei fondi strutturali.

La contemporanea impossibilità di avviare investimenti per opere pubbliche da parte degli enti locali e di investimenti produttivi da parte delle imprese, sta determinando una drammatica desertificazione del sistema delle PMI(piccole e medie imprese) e la paralisi del sistema produttivo e una recessione dalle conseguenze insopportabili.

Mi permetto di indicare, perciò, alcune proposte che potrebbero alleviare le conseguenze disastrose dei vincoli del patto di stabilità senza per questo allentare le politiche di rigore e di risanamento.

IN PRIMO LUOGO la possibilità per regioni ed enti locali di derogare al patto di stabilità per tutte le quote di cofinanziamento dei fondi europei e per gli investimenti pubblici e produttivi.Una sorta di patto tra Unione Europea, stato nazionale e regione in cui la regione si impegni a non incrementare e ridurre la spesa corrente ed in cambio l Unione e lo stato nazionale concedono lo sforamento del patto di stabilità per gli investimenti, in particolar modo per quelli che utilizzano cofinanziamento europeo e per i pagamenti alle imprese che hanno effettuato lavori per la pubblica amministrazione e che aspettano i pagamenti da oltre un anno.

IN SECONDO LUOGO la semplificazione delle procedure per l utilizzo da parte degli enti locali e delle imprese di fondi quali Jeremy e Jessica in modo diretto, scavalcando il sistema bancario, stante il fatto che sono fondi alimentati direttamente dalle regioni con fondi europei non utilizzati.

IN TERZO LUOGO applicando lo strumento del "patto di stabilità verticale incentivato" e cioè, per esemplificare, la cessione da parte delle regioni di quote di spesa ad esse attribuite verso gli enti locali per consentire investimenti nel campo della tutela  e della salvaguardia del territorio, dell’edilizia scolastica etc.

So che non si tratta di proposte di non facile attuazione e per la cui eventuale realizzazione sono necessari passaggi e decisioni che non competono a questo organismo.

Ma sono altrettanto convinto che non si può non prendere atto della gravità della crisi, degli effetti drammatici sulla economia e sulla vita quotidiana delle persone e quindi del dovere che abbiamo di indicare soluzioni che pur in un quadro di risanamento dei conti pubblici possano contribuire a rilanciare sviluppo ed occupazione, a superare la crisi attuale, a ridare aspettativa e speranze di futuro alle giovani generazioni.

Fu proprio per evitare alle giovani generazioni le sofferenze e le privazioni causate dalla guerra che i padri fondatori pensarono alla creazione di quella che oggi é l'Unione Europea. Ed é al futuro delle giovani generazioni che dobbiamo  nel trovare le soluzioni  alla grave crisi di oggi.

Bruno Marziano

 

Presidente della commissione attività produttive dell'Assemblea Regionale Siciliana